“Non chiudete Fincantieri”. Con questo slogan, nel 2012, Genova si mobilitava con i lavoratori per impedire lo smantellamento del sito di Sestri Ponente; proprio quella mobilitazione rese possibile un’assunzione di impegni da parte della politica, non solo per mantenere in vita il polo industriale, ma per renderlo idoneo a navi di lunghezza superiore, aumentare la produzione e l’occupazione.
I lavori di oggi servono a questo: un’opera imponente in termini di risorse economiche stanziate e da stanziare, di risorse umane da reperire e formare, di mutamenti strutturali urbanistici e sociali destinati a cambiare in maniera epocale il volto del quartiere.
Ma allora perché il Comune di Genova non ha ritenuto di dover avviare un percorso di informazione, partecipazione e confronto con i soggetti che rappresentano il territorio in fase di cantierizzazione, se non addirittura in quella di progettazione?
A fine luglio il Consiglio Comunale ha approvato una mozione d’ordine che impegna il Sindaco e la Giunta ad interloquire con il MIT per sollecitare il finanziamento della terza fase e a proporre allo stesso Ministero l’attivazione di una cabina di regia con i principali attori interessati dall’operazione. In prima battuta il sindacato confederale non è stato coinvolto e solo grazie ad una specifica richiesta posta ad ottobre in Commissione consiliare siamo stati invitati alla prima riunione e qui abbiamo posto un tema centrale: la totale assenza di progettazione e conseguente finanziamento dei servizi per il quartiere.
La partita è talmente cruciale che rammarica non poco l’esiguo risultato della seconda assemblea pubblica dello scorso 15 novembre al Teatro Verdi, dove l’Assessore Piciocchi si è impegnato ad aprire un infopoint. Non siamo certo contrari all’ascolto di chi sta vivendo sulla propria pelle un cambiamento epocale, ma questa Amministrazione deve assumere impegni ben più gravosi, a partire dal garantire corrette condizioni di salute ai cittadini riducendo il livello di disagio da vibrazioni e il riconoscimento di eventuali danni procurati dalle lavorazioni.
Peraltro, tornando al coinvolgimento del sindacato, esiste già un confronto aperto sulle questioni che riguardano la Valpolcevera e le altre zone interessate da PNRR, Fondo Nazionale Complementare e grandi opere e anche per Fincantieri ribadiamo la necessità di avviare subito un confronto sulla gestione dei lavori previsti dal master plan ed altri interventi quali lo spostamento della ferrovia, le problematiche della viabilità stradale, ma anche e in particolare, come accogliere un ulteriore, notevole incremento degli occupati, in una realtà in cui l’inserimento di lavoratori stranieri è già avvenuto non senza difficoltà.
Diventa importante ricostruire una rete efficace di servizi, a partire dalla casa, alla prima infanzia, ai vari livelli della scuola dell’obbligo, alla sanità, ai trasporti, ai luoghi di aggregazione in cui attraverso progetti di mediazione culturale si possa affrontare il cambiamento peraltro già in atto nel quartiere. Le associazioni di volontariato da sole non possono sobbarcarsi il compito di alfabetizzare il mondo del lavoro.
Deve essere avviata la contrattazione sociale territoriale, per affrontare questi ed altri problemi che emergeranno, sapendo che siamo già in ritardo e riteniamo che la vigilanza armata non rappresenti lo strumento con cui si garantisce la convivenza in un quartiere così eterogeneo. Piuttosto, troviamo insufficiente il master plan che dedica al quartiere parcheggi e sottopassi, ma non menziona minimamente “le persone”, le scuole o i servizi sanitari. Questo elemento, insieme alla costruzione di un sistema di welfare che tenga conto delle mutate necessità, è una strada ineludibile che conduce in modo corretto allo sviluppo di un quartiere nel quale a vincere sia l’integrazione.
Aurelia Buzzo, Segretaria Cgil Genova
La Repubblica Genova, 3 dicembre 2024