La pandemia ha impattato come una valanga sulle fragilità delle persone e delle famiglie stravolgendone gli equilibri e amplificando i nodi irrisolti; lo ha fatto mettendo a fuoco tutte le contraddizioni e le difficoltà del mondo del lavoro e lo ha fatto aumentando le diseguaglianze. L’abitare è uno dei problemi che questa crisi ha esasperato. A Genova l’annosa questione dell’emergenza abitativa si traduce in circa 4 mila famiglie in lista per una casa popolare, senza contare quello che accadrà a breve con lo sblocco degli sfratti in vigore dal 1 luglio.
Inoltre, come recentemente denunciato dalle pagine di questo giornale dalle associazioni degli inquilini, in Liguria sono appena 21 mila gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, su un totale di 950 mila abitazioni. Circa la metà di questi sono a Genova su circa 350 mila case: troppo pochi secondo i sindacati degli inquilini per i quali ne servirebbero almeno ottomila in più.
Il paradosso che vive la nostra città e dietro al quale spesso ci si è trincerati non è la carenza di alloggi, piuttosto il contrario, ossia che ci sono troppi alloggi vuoti che non vengono dati a chi ne ha bisogno. In altre parole, l’analisi del reale ci racconta di un surplus abitativo che paradossalmente sarebbe in grado di soddisfare la crescente domanda abitativa; purtroppo domanda e potenziale offerta non si parlano: a Genova le case sfitte risultano essere circa 35 mila. E’ evidente come in questo contesto manchino politiche pubbliche che invoglino i proprietari a mettere a disposizione il loro patrimonio abitativo come ad esempio incentivi o sgravi fiscali. E intanto la questione abitativa si è fortemente acuita, complice la perdurante crisi economica, l’assenza di adeguate politiche pubbliche e i mutamenti demografici e socio economici che hanno accentuato diseguaglianze ed esclusione sociale.
Negli ultimi anni si è assistito al passaggio da un progressivo disinvestimento nell’offerta di abitazioni sociali, a forme di contributo diretto alle famiglie in affitto in difficoltà, con risorse scarse, discontinue, non strutturali.
Per i nuclei a basso reddito la risposta può essere fornita in termini di edilizia pubblica, che deve essere incrementata attraverso il recupero degli alloggi non utilizzati, magari con sovvenzioni dedicate in grado di rispondere al fabbisogno, da perseguire utilizzando anche le risorse del PNNR, dei Fondi strutturali e di investimento europei 2021-2027, integrandole con quelle ordinarie nazionali e con i fondi di Cassa depositi e prestiti.
Come accade da decenni in molti paesi europei, per rispondere alle necessità delle famiglie economicamente deboli, oltre ai requisiti per l’accesso all’edilizia pubblica, un ruolo importante anche nella nostra città potrebbe essere svolto dall’housing sociale, che nel nostro Paese purtroppo non è ancora riuscito a fornire risposte socialmente significative. A Genova una esperienza di questo tipo sta prendendo corpo nell’area dell’ex Ponte Morandi con il progetto di senior housing siglato tra le organizzazioni sindacali dei pensionati e il Comune di Genova. Si tratta di passi importanti che non possono restare isolati. Per la Camera del Lavoro, così come proposto dal Sindacato Unitario Inquilini e Assegnatari nella recente iniziativa pubblica a Sampierdarena sulle questioni abitative, sarebbe necessaria la costituzione di una cabina di regia alla quale dovrebbero partecipare tutte le istituzioni competenti e tutte le parti sociali interessate per discutere di risorse, di patrimonio pubblico disponibile, delle azioni da mettere in campo sia immediate sia strutturali per non disperdere i fondi ordinari e quelli del recovery fund.
Il disagio abitativo è in aumento con stime, solo su Genova, che parlano di circa 3.500 famiglie interessate dal rischio sfratto; l’emergenza economica, aggravata dalla pandemia, ha inciso sulle fasce più deboli che oggi, senza reddito o con un reddito limitato, non riescono a pagare l’affitto. I numeri del disagio sociale sono crescenti e preoccupanti, basti pensare che i precettori del reddito di cittadinanza in Liguria, nei primi 5 mesi del 2021 hanno raggiunto i livelli di tutto il 2020. Oggi il nostro Paese è ad un bivio: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è l’occasione storica per rilanciarlo, ma è fondamentale farlo aiutando le famiglie anche attraverso la valorizzazione del lavoro e non scaricando su lavoratrici e lavoratori i costi della pandemia.
Elena Bruzzese Segretaria Camera del Lavoro Metropolitana di Genova