“Guido Rossa: un modello da seguire”. L’intervento di Igor Magni Segretario Generale Cgil Genova su Repubblica
Il 24 gennaio 2024 ricorre il quarantacinquesimo anniversario dall’uccisione di Guido Rossa. Ricordare la sua figura significa trasmettere la memoria di accadimenti che hanno segnato la storia del nostro Paese e la vita di chi quel periodo, non lontano, lo ha vissuto e, come nel caso di Rossa, lo ha vissuto da protagonista.
Rossa era un operaio della acciaieria Italsider, un sindacalista della Cgil eletto nel Consiglio di fabbrica per la Fiom, la categoria dei metalmeccanici, era anche un iscritto del Partito Comunista Italiano. Rossa, nato in Veneto, iniziò a lavorare giovanissimo, a 14 anni, dapprima in una fabbrica di cuscinetti a sfera e poi alla Fiat, a Torino; nel 1961, infine, arrivò a Genova.
Con la svolta del ’68 e dell’Autunno caldo arrivarono i lunghi anni settanta, anni di grandi lotte sociali e conquiste operaie. L’Italia divenne, finalmente, un paese realmente moderno, con il varo dello Statuto dei lavoratori, la costruzione del Welfare State con le riforme delle pensioni e della sanità, la legge sul divorzio e sull’interruzione di gravidanza, quella per la parità tra uomo e donna nei luoghi di lavoro. Ma furono anche anni di grandi tensioni, scontri nelle piazze, di stragi nere e terrorismo rosso, anni di piombo.
Rossa visse il suo essere operaio in modo attivo e consapevole, con la passione di chi vuole difendere i diritti di tutti, in particolare degli ultimi, attraverso la solidarietà, la voglia di giustizia e di riscatto.
La crisi economica arrivò alle metà degli anni settanta, con il drammatico ritorno della disoccupazione di massa e dell’inflazione, contribuendo a complicare una situazione non facile, segnata da numerosi tentativi eversivi contro le istituzioni democratiche.
Le Brigate Rosse – com’è noto – furono parte importante di questa tragica sfida, costata numerosi morti tra giudici, politici, forze dell’ordine, dirigenti aziendali e giornalisti, sino ad arrivare a uccidere un operaio, un sindacalista.
Il 27 ottobre 1978 un gruppo di lavoratori dell’Italsider sorprese il collega Francesco Berardi a diffondere volantini delle Br, nel tentativo di infiltrare il mondo del lavoro, specie operaio. Guido Rossa, impersonando in modo esemplare il ruolo di delegato, si assunse la responsabilità individuale della denuncia.
Egli prese una decisione non facile, sapendo cosa rischiava; eppure, più di tutto pesò il suo dovere morale, il grande senso di responsabilità che lo fece andare fino in fondo, rompendo i silenzi, i troppi tentennamenti e le tante paure di quegli anni.
Per lui seguirono giorni tormentati: messaggi, telefonate anonime, minacce. Il pericolo fu senza dubbio sottovalutato. Guido rifiutò la vigilanza stretta dei compagni del Consiglio di fabbrica; i suoi assassini, il 24 gennaio 1979, ebbero gioco facile nel porre fine alla sua vita, con un gesto di spietata e spregevole disumanità, che tuttavia coagulò ancora di più il fronte anti-terrorista, dando inizio alla fine delle Brigate Rosse. Non era più il tempo degli equilibrismi e delle ambiguità. Genova si fermò nei giorni successivi all’assassinio, fino al funerale. Alle esequie, accanto al Segretario generale della Cgil Luciano Lama e una massa enorme di lavoratori e cittadini comuni, partecipò anche il Presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini, che conferì a Rossa la Medaglia d’Oro al Valor civile alla memoria.
La trasmissione della memoria serve per capire da dove veniamo; per cercare di evitare che alcune pagine drammatiche del nostro passato possano ripetersi; e anche per comprendere come importanti e fondamentali pagine della nostra storia siano state scritte da persone comuni, donne e uomini che non hanno esitato a fare la cosa giusta quando hanno dovuto scegliere, anche a costo di mettere a repentaglio la propria vita.
Il nostro dovere è di non lasciare che quella di Guido Rossa sia solo una storia da raccontare, ma un vero e proprio modello da seguire. Rossa, per difendere quello in cui credeva ha sacrificato la vita, finendo per cambiare il destino dei suoi cari, di sua moglie e della figlia Sabina.
A noi si chiede molto meno: lavorare per unire i lavoratori dove si vogliono dividere; lavorare per i diritti di donne e uomini, la dignità del lavoro, l’accoglienza, l’integrazione, la difesa della democrazia, il futuro dei giovani e la completa attuazione della nostra Costituzione, che oggi è oggetto di un nuovo tentativo di profonda manipolazione.
Igor Magni
Segretario Generale
Camera del Lavoro Metropolitana di Genova