Il Aprile della Liberazione compie dunque oggi 70 anni.
70 anni sono tanti, ma possiamo dire che sono 70 anni ben portati.
Oggi è come fosse il compleanno di ognuno di no
di tutti noi di tutti gli italiani .Il compleanno del riscatto e della libertà.
70 anni fa, appunto, in un giorno di primavera, come questo, i garibaldini della “Cascione” e della “Bonfante”, gli eroi giovinetti come amava chiamarli Piero Calamandrei, lasciavano le montagne che, per venti drammatici mesi, 20 mesi che riscattavano 20 avevano presidiato e difeso, con coraggio e sacrifici, perdite dolorose e sagacia militare,
e attraversavano vittoriosi , con le armi ancora in pugno, quelle che erano servite a combattere nazisti e fascisti,
attraversavano le città in festa, tra il suono delle campane, il tripudio della folla, i fiori e gli abbracci.
Si chiudeva una pagina della storia, se ne apriva una nuova. Tutta da scoprire. Un giorno memorabile.
Sette decenni sono un tempo lungo, quasi un’esistenza.
I ricordi spesso sbiadiscono, la memoria si inceppa, i protagonisti, purtroppo, quelli che possono raccontare si assottigliano. E’ in agguato l’oblio. Ci sono momenti, però, come questo, che restano indelebili. Nessun oblio riesce a cancellarli,Hanno lasciato un’orma profonda nella storia.
Chi c’era continua a possederli come tesori. Chi non era nato, ne assorbe i racconti. Io, che avevo allora poco più di 15 anni, ricordo tutto come fosse ieri, ho vivissime nella mente e nel cuore quelle ore indimenticabili.
La gioia nelle strade e nella mia casa antifascista.Impossibile scordare. La guerra finita, i tedeschi in fuga,il fascismo caduto questa volta definitivamente, dopo gli incerti 45 giorni di Badoglio
Con quel terribile proclama“la guerra continua”..
Nei decennali, come questo del 2015, si suole dare maggior enfasi alle celebrazioni. Forse è solo un rituale,
ma forse anche una voglia di approfondire quell’evento, disvelarne cause, motivi, effetti. In questi anni si è molto scritto e discusso sul significato della Resistenza. Cosa è stato ci si chiede: Guerra di popolo? Guerra civile? Secondo Risorgimento?Epopea dell’esercito scalzo?
Rivolta morale? Molte cose- e molte cose insieme.
Un evento militare e politico e culturale complesso dalle molte sfaccettature come ci ricordava a Pieve di Teco, il Presidente dell’Anpi, Smuraglia.
Sappiamo bene quale lunga e travagliata incubazione
Quale massa di motivi sociali. Ideali e politici. Quale complesso di forze sia all’origine e abbia trovato sbocco dopo l’8 settembre nella lotta di liberazione, senza dimenticare la spinta di fondo che nasceva dalle traversie e dai duri colpi di una guerra ingiusta e sbagliata, dalle leggi razziali,dalle rovinose sconfitte militari nel crollo di un regime totalitario e tirannico. Un insieme veramente ampio, un intreccio di concause eccezionale.
Io ho trovato una chiave di lettura, semplice, se volete, ma significativa. L’ho trovata in questa cartolina edita dall’Anpi per la manifestazione nazionale del 25 Aprile del 2012 a Milano. L’ho conservata perché riporta una frase di Arrigo Boldrini, il mitico comandante Bulow, per molti anni presidente dell’Anpi costituente e parlamentare. Una frase che mi ha particolarmente colpito.
Scrive Bulow “Abbiamo combattuto per chi c’era, per chi non c’era e per chi ci era contro”.Così in modo semplice, lapidario.. Se riflettiamo un momento,però,comprendiamo come ci sia,
in quelle stringate parole, l’essenza dell’Epopea partigiana,
il suo valore, la sua grandezza, la sintesi di Resistenza e di Guerra di Liberazione. Resistenza contro il poderoso esercito tedesco invasore e le brigate nere, resistenza contro i rastrellamenti, le rappresaglie, la fame, il freddo,
resistenza contro lo scoramento, anche, che poteva colpire nei momenti più drammaticamente difficili,
come quelli dell’invero del ’44, con le sorprendenti dure parole del maresciallo Alexander che, una volta bloccatasi l’avanzata alleata nell’Italia centrale, praticamente ordinava di congelare la guerra partigiana e che invece gelò il sangue dei combattenti che, però, testardi e decisi, coraggiosamente , pur senza i famosi lanci, e fortunatamente ignorarono le parole di resa, continuarono a battersi fino alla vittoria finale.
Resistenza, dunque e liberazione, nel contempo, dall’oppressione fascista ,dalla dittatura, che, dopo la breve stagione del 25 luglio, aveva assunto il volto bieco della Repubblichina di Salò. Per chi c’era, ricorda Boldrini.
C’erano, in prima fila, i combattenti sui monti,i giovani che avevano detto no al bando Graziani; quelli che primi, come U megu e U cion presero le armi, insieme a tanti, come Ghiglia e Sabatini e Tonino e Mario Gennari, che sono qui tra noi e che calorosamente salutiamo
I ribelli dell’8 settembre diventati esercito partigiano,
i sapisti e gapisti delle città; c’erano le donne, tante , le leggendarie staffette; una delle pagine più luminose della Resistenza. gli operai delle fabbriche, che, con gli scioperi del marzo ’43 avevano dato la prima spallata al regime
e che poi la rinnovarono,quella spallata, con più forza con gli scioperi del ’44 e il sabotaggio della produzione bellica nazista.
C’erano quelli che già avevano condotto la lotta al regime negli anni della clandestinità e dell’esilio, Ricordo qui da noi Curto e Simon,Castagneto e Gilardi,Stenca e Gino Napolitano,Walter Berio e Carlini,Mirko Setti e Nello Bruno e Bri Bri, lo stessa Cascione e tanti altri che certo dimentico e me ne scuso.
Segno e testimonianza che non tutti , nel ventennio, si erano adagiati sul regime. C’era chi già allora si batteva contro il fascismo imperante, per la libertà e contro la dittatura, quelli che, come Vittò e Sumi e Peruzzi nella guerra civile spagnola, avevano cercato di arginare la montante marea nazifascismo in Europa, quelli che avevano subito il carcere e il confino ed erano tornati liberi nei controversi 45 giorni badogliani, i dirigenti dei partiti antifascisti, che formarono poi l’ossatura politica della Resistenza, crearono il Cln e trovarono quell’unità che, pur partendo da ispirazioni ideali e posizioni politiche diverse, permise di organizzare la Resistenza , condurre in porto l’insurrezione del 25 Aprile e la Liberazione ed avviare così la democrazia del dopoguerra
C’erano i soldati. che, stanchi della guerra mussoliniana,avevano gettato alle ortiche , magari solo metaforicamente, la divisa e si erano uniti ai partigiani,
rifiutando la Repubblica di Salò e q uelli che combatterono a Cefalonia e in altre parti dell’Europa contro i tedeschi, c’erano gli amministratori delle libere Repubbliche partigiane, come quella di Pigna, che avevano sperimentato i primi embrioni di democrazia.
Un esercito di popolo, dunque, che dopo l’iniziale, quasi naturale moto di ribellione(e ribelli -ricordate- li chiamammo anche noi in un primo momento, aveva, poi preso rapidamente coscienza che si stava combattendo una guerra epocale ,non solo contro, ma per, per affermare principi, quali la libertà e la democrazia, per anni conculcati e per un’Italia migliore, più giusta.
E c’erano anche quelli che non avevano le armi in pugno, ma erano vicini ai partigiani. collaboravano con la Resistenza. Si pensi ai contadini, alla popolazione dei paesi dell’entroterra, che, malgrado i rastrellamenti, i villaggi bruciati, gli eccidi, portavano il loro aiuto ai resistenti.
Si pensi ai cittadini delle libere Repubbliche, alla solidarietà nelle città, ai tanti sacerdoti che si immolarono, come a Torre Paponi, con i loro parrocchiani inermi.
Ma anche per chi non c’era, si è combattuto -sostiene Boldrini. Per quanti, per naturali ragioni anagrafiche,
non poterono partecipare alla Resistenza. Le conquiste della Liberazione furono raggiunte anche per loro,
per il loro futuro.
Dobbiamo realisticamente essere consapevoli,però,
che le parole di Boldrini si possano riferire anche a quella massa grigia che stava a guardare, che aspettava, tra paura e attendismo la fine della guerra e l’arrivo degli Alleati.
Una massa che a stento si posizionò dalla parte giusta e qualcuno lo fece solo all’indomani della Liberazione.
Ebbene, Le conquista sono valse anche per loro.
E poi c’è, nelle parole di Bulow, la parte più difficile da comprendere per chi stava dall’altra parte, quella giusta. Abbiamo combattuto -afferma-anche per chi era contro.
I nemici. Che cosa può significare? Sgombriamo il campo da equivoci Non significa certo annacquare , fare di tutta l’erba un fascio,confondere chi stava dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. Nessuna confusione, nessuna parità o falsa pacificazione. Nessuna equiparazione ha detto chiaramente e nettamente il Presidente della Repubblica. Perché è’ bene tenere sempre presente quali furono i termini veri dello scontro. I fascisti furono sconfitti dalla storia e la storia va rispettata. Non abbiamo bisogno delle interpretazioni di Giampaolo Pansa né delle elucubrazioni di Borghezio o di Casaleggio.
Diciamo bene, allora, alla recente legge contro il negazionismo, che stabilisce che sia reato la negazione della Shoa e dei campi di sterminio nazisti.
Secondo me, con quelle parole Boldrini vuole sottolineare il valore universale delle conquiste nate dalla Liberazione. La libertà, appunto, la democrazia,la repubblica, l’Unità nazionale, i diritti sanciti dalla Costituzione. Valgono per tutti. Anche per chi, allora, non comprese e si ostinò a combattere contro. Basta una semplice controprova. Loro sono oggi liberi di esprimere le proprie opinioni perché ha vinto la Resistenza. Non sarebbe serto così, se le sorti della guerra fossero state diverse.
Come ha ricordato Nornerto Bobbio il risultato pi alto della Guerra di Liberazione è stato la conquista della Costituzione. Di Costituzione si parla molto in questo momento.. Non voglio nascondermi dietro la solennità di una celebrazione. Ci sono e possiamo avere idee diverse cui sono aspetti contrastanti anche tra i costituzionalisti.
Occorre discuterne, anche appassionatamente. Penso si debba affrontare il problema sotto due aspetti. Il primo riguarda la necessità di attuarla, questa Costituzione, che viene riconosciuta come la più bella del mondo, attuarla e inverarla soprattutto per quegli aspetti di uguaglianza sul piano sociale e dei diritti che ancora non sono stati pienamente realizzati e che trovano difficoltà ed ostacoli.
Il diritto al lavoro, soprattutto, attuando l’’art.34 e pensando all’occupazione giovanile; il diritto all’educazione alla salute. C’è ancora da lavorare e lottare.
Nel Parlamento e nel Paese. L’altro aspetto, quello più controverso riguarda la riforma, in discussione ora alle Camere.. Negli anni passati si è parecchio dibattito sulla necessità di superare alcune parti transeunte della Seconda parte della Carta fondamentale .Al passo coi tempi e con i mutamenti, nel frattempo, incorsi
Non entro nel merito dei singoli problemi. Mi limito a qualche osservazione. Primo: le modifiche fanno fatte con i piedi di piombo , cum grano salis; secondo non deve essere minimamente toccata la prima parte, quella dei principi,
figli proprio della Resistenza, parte sulla quale lavorarono di fino i padri costituenti; è la parte intangibile.
terzo, è necessario un bilanciamento dei poteri e un equilibrio con la nuova legge elettorale; quarto:il referendum popolare di convalida del nuovo testo va celebrato comunque, indipendente dalle normative previste. La parola finale spetta, infatti, al popolo.
Dicevo all’inizio dell’importanza del ricordo.
Vale per tutti , vale , in particolare, per i giovani.
In queste tantissime manifestazioni del Settantesimo,
un calendario fitto e qualificato,forte è stata ed è la partecipazione degli studenti e delle scolaresche. Li abbiamo incontrati nel giorno della Memoria, a Pieve per il ricordo di Balletta , all’Università per i documentari
nelle numerose visite al museo di Carpasio e all’Istituto storico; abbiamo potuto vedere anche questa mattina, tante belle iniziative e altre seguiranno nel pomeriggio.
Li ringraziamo e ringraziamo i loro insegnanti.
Un ottimo lavoro che si sviluppa anche direttamente nelle scuole, dove , con iniziative, come i video clip di Libera,si cerca di superare le lacune dei programmi scolastici che spesso dimenticano questa parte della storia.
Serve a ricordare, e, insieme, a conoscere e capire. Capire come si diventa uomini veri e cittadini, capire quanto sia terribile la guerra e preziosa la pace La guerra che vediamo alle nostre porte dall’Ucraina alla Libia al Medio Oriente
alla guerra che porta comunque barbarie;porta ai tanti genocidi di questi due secoli. Da quello degli Armeni di 100 anni fa alla hoa agli odierni massacri e alle tragiche ecatombe nel Mediterraneo, figlie proprio di altere guerra
Insieme al lavoro con le scuole e nelle scuole, è giusto e doveroso rimarcare la presenza e l’attività delle associazioni partigiane, dell’Anpi, della Fvl, dell’Istituto storico della Resistenza, dell’Associazione degli ex deportati nei campi nazisti, di associazioni come Libera, L’Arci, l’Uisp, Apertamente e altre che ringraziamo per il fattivo costante impegno .Hanno sviluppato un grande lavoro per questo 70°. Sono un presidio di libertà e democrazia sul territorio. Intelligente, la decisione delle Associazioni partigiane di aprire le fle anche a chi alla Resistenza, per l’età, non ha potuto partecipare, specie i giovani. L’afflusso è stato largo. Buon segno!
Il ricordo come monito vale , per ognuno di noi, giovani e meno giovani. Vale per capire come questa libertà, questa democrazia conquistate con tanti sacrifici non sono assicurate una volta per tutte. ma vanno difese e salvaguardate e rinnovate ogni giorno. Monito per una buona politica e contro l’antipolitica, foriera sempre di guai e di guasti. perché – come ha scritto la presidente della Camera, Laura Boldrini, accettare l’antipolitica significa accettare la sconfitta. Monito contro pericoli e insidie che possono sempre ricomparire sulla scena . C’è archeofascismo, quello vecchio stampo con il saluto romano e magari la camicia nera e i raduni a Predappio;
c’è il neofascismo tipo Casa Pound e Alba dorata.
Ci sono poi i fascismi mascherati, i trasformismi, pericolosi e insidiosi come gli altri, forse più insidiosi..
Occorre combattere i rigurgiti razzisti,che ricompaiono sotto mutate forme; il fanatismo; lo sciovinismo antieuropeo e populista alla Le Pen; la xenofobia; il terrorismo di nuova stagione.
E combattere contro la corruzione, una piaga terribile che, insieme all’affarismo, inquina la vita sociale e politica del nostro Paese. Con tentacoli non secondari che si sono pericolosamente allungati anche qui da noi. La corruzione -ha detto Raffaele Cantone- è il peccato capitale della democrazia .Si pensi, per capire la vastità del fenomeno, alle impressionanti statistiche del recente rapporto della G.d:F Un problema attorno al quale si sta sviluppando un forte dibattito, in Parlamento e nel Paese e che deve sfociare in robuste soluzioni e non in mezze misure.
Un primo , importante passo possiamo considerare la recente approvazione In un ramo del Parlamento di una legge più severa. L’auspicio è che diventi legge al più presto. Uguale forte lotta, non dimentichiamolo va proseguita,senza soste, contro la malavita organizzata
mafia, camorra e ‘indrangheta. Don Ciotti sostiene, ed è vero, che corruzione e mafia sono della stessa natura, hanno le stesse radici. Caselli ha quantificato che la corruzione i ci costa 60 miliardi l’anno; l’evasione fiscale 120, la mafia 150, In tutto 330 miliardi di euro
Una cifra impressionante che ci fa considerare come
Il recupero di legalità, oltre che recupero di democrazia è per il Paese recupero di reddito. Ulteriore motivo per una guerra ai fondo, senza indugi e tentennamenti.
Forse possono questi sembrare temi avulsi da momenti come quello odierno che celebrano un a pagina alta della nostra storia, ma diventano attuali e pregnanti se consideriamo che tra i valori della Guerra di Liberazione
abbiamo sempre individuato anche quelli per un’Italia più giusta e più pulita.
Qualche volta si è parlato di Resistenza dimenticata o tradita. Non sono di questa opinione. Dimenticata , dirlo quest’anno,non credo proprio. Forse c’è stato, qualche anno fa, un momento -come dire- di appannamento, di minore attenzione. Con le associazioni partigiane lasciate un po’ sole , con manifestazioni di routine Come si volesse archiviare la Guerra di Liberazione anche con qualche maldestro tentativo di revisionismo. Ma poi c’è stata come unì impennata di interesse, Un forte ritorno. Con larga partecipazione di popolo e delle istituzioni. E se qualcuno, ieri, ma anche oggi, come Salvini, vuole starsene a casa, affari suoi e della sua coscienza.
Si pensi all’impressionante crescente interesse di queste settimane. Dalla stampa alla Tv, al teatro, al cinema, alla musica ai tantissimi libri . Allo speciale della Rai su Cascione e a quello su Italo Calvino. Con materiale offerto dal nostro Istituto storico, Istituto che darà un fattivo contributo con la pubblicazione in autunno del quinto volume della Storia della resistenza imperiese, ultima fatica e suggello del lavoro veramente eccezionale Francesco Biga. Vorrei ricordare, infine, il forte e costante richiamo alla Resistenza del Presidente Sergio Mattarella, nel discorso del giuramento, nella visita alle Ardeatine e, per questo Settantesimo,n ella bella intervista a “Repubblica” con il significativo titolo:”Il 25 Aprile patrimonio di tutti gli Italiani”. Come non ricordare la solenne seduta del Parlamento della scorsa settimana con le Camere riunite in seduta plenaria e i discorsi dei presidenti Grasso e Boldrini. Da incorniciare nella teca dei ricordi l’immagine dei vecchi partigiani accolti tra gli scranni di Montecitorio e il canto di Bella ciao che risuona tra le volte austere dell’aula..
Anche l’affermazione di Resistenza tradita, non mi appartiene Non dobbiamo lasciarci prendere da sconforto e delusione. Certo, non tutto quello che in montagna si sognava, si è realizzato, in particolare per una maggiore giustizia sociale. Questo è vero e bisogna pure scontare il peso della guerra fredda. Molto , però, è stato fatto. Si sono poste le basi, le radici del vivere democratico. Si è realizzato un processo di crescita che, salvaguardando la democrazia, nonostante tutto quello che è stato farro per travolgerla, dalla P2 al terrorismo, alle stragi che avevano il solo obiettivo di abbattere lo Stato democratico e cancellare proprio la Costituzione, ha fatto progredire il Paese. Se avvalorassimo la tesi della Resistenza tradita,
dovremmo supporre che le conquiste del 25 Aprile sono state cancellate, che i tanti Caduti e da noi sono stati veramente tanti, con le nostre e splendide sei medaglie d’oro, sono morti invano. Invece quelle conquiste vivono ,sono state e sono il fondamento della nostra democrazia ,
del nostro vivere civile. Non si tratta di vieta retorica, di facile enfasi, ma della verità. Semplice verità. L’impegno, che parte da qui,dalle tantissime iniziative di questi giorni da questo Settantesimo resta allora quello di difenderli, questi valori, rinsaldarli, attualizzarli alla luce del mutamento degli scenari politici e sociali.
Per una politica di giustizia, inclusione solidarietà generosità. La generosità, di queste ore, dei marinai, dei pescatori, della gente del Sud. Ogni giorno come ogni giorno fosse il 25 Aprile.
Ricordare e far conoscere il passato, quindi, per capire il presente e rendere migliore questo nostro Paese, che, malgrado tutto, continuiamo ad amare come lo amarono i nostri partigiani, i nostri Caduti.
Viva il 25 Aprile, Viva la Resistenza. Viva l’Italia.