Lavoro, attenzione ai mancati incidenti
Parte della strategia di prevenzione dagli infortuni che il legislatore ha introdotto negli anni, consiste nell’analizzare e affrontare le cause che hanno consentito il verificarsi di un incidente di carattere assicurativo o infortunistico a lavoratori o persone, anche se questo
non ha generato danni o conseguenze.
Questo evento viene definito con il
termine Near Miss, ed è un evento non pianificato che avrebbe potuto potenzialmente causare, ma in realtà non provoca, lesioni alle persone, danni all’ambiente o alle apparecchiature e/o un’interruzione del normale ciclo lavorativo; la sua traduzione letterale è “mancato sinistro” o “mancato incidente” anche se, nell’uso comune, a esso viene
attribuito il significato di mancato infortunio.
Il mancato infortunio, pur non sortendo effetti negativi, indica comunque una falla nel sistema della sicurezza aziendale che domani potrebbe riverificarsi come un incidente vero e proprio, con esiti più negativi; è bene dunque, anche a parere del legislatore, analizzarne le cause, sia che siano determinate da fattori legati alla mala organizzazione aziendale (come procedure di lavoro inadeguate, misure di sicurezza non idonee, pressione eccessiva sui compiti da eseguire, verifiche e analisi carenti o inadeguate), sia che discendano dalla
mancanza di chiarezza negli obiettivi assegnati ai lavoratori, da comunicazioni relative ai pericoli fornite in maniera poco efficace, dalla mancanza di sorveglianza, da errori umani, improvvisi malfunzionamenti delle attrezzature o altro.
Gianni Finotto, docente alla Ca’ Foscari, afferma che dal punto di vista scientifico per ogni incidente gravissimo se ne manifestano 29 di minori entità e 300 che non provocano infortuni e se incidessimo sui “Near Miss” avremmo una frequenza di accadimenti mortali fortemente inferiore.
Certo, quanto sopra in un mondo del lavoro immaginario, dove le regole vengono rispettate; non è la realtà attuale e che riguarda anche 3,2 milioni di lavoratori irregolari, gli operatori abusivi che popolano il sommerso, quel mondo parallelo che “vale” 202,9 miliardi di euro e rappresenta l’11,3% del Pil e il 12,6% del valore aggiunto (dati
Confartigianato).
Abusivismo e lavoro sommerso non risparmiano nessuna regione d’Italia: ad esempio, quasi 12 lavoratori ogni cento in Liguria sono in nero. Record nelle costruzioni, livelli più bassi nell’industria, la regione è di 1,5 punti sopra la media del Nord Ovest (10,2%) e poco sotto la media nazionale (12,6%): difficile pensare ad una ondata di segnalazioni emergente da quei lavoratori. Il risultato più probabile per loro è il ritrovarsi a spasso, senza tutele e salvaguardie economiche.
Ecco perché la Cgil chiede misure dedicate a partire dal miglioramento delle ispezioni in quantità, qualità e frequenza, l’integrazione delle banche dati disponibili, l’investimento, tramite l’Inail, di risorse sulla ricerca, sia per proteggere i lavoratori e le lavoratrici utilizzando la tecnologia innovativa, sia per accompagnare le modifiche ormai veloci delle sue modalità, per mettere finalmente al centro la protezione della persona.
Aris Capra
Responsabile Sportello Sicurezza
Cgil Genova