Guerra in Ucraina: scenari politici e geopolitici (bozza non corretta)
di Antonio Perziano Segretario Generale Spi Cgil Genova
Per vedere il convegno svoltosi a Genova il 13 maggio 2022 vai al link https://www.youtube.com/watch?v=ac-2ljFawZE
Siamo soddisfatti di tanta partecipazione, il che testimonia che gli argomenti che saranno discussi in questo convegno, come era lecito aspettarsi, destano molto interesse.
Spi Cgil Ligure e genovese hanno promosso questa iniziativa per offrire, alla nostra organizzazione e a quanti hanno interesse, un’occasione di approfondimento riguardo scenari che si sono già determinati e che si andranno a determinare, sul terreno geopolitico ed economico, a seguito della terribile e sanguinosa guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina.
Oggi ci avvaliamo del contributo di persone qualificate e competenti che ci aiuteranno a capire, sapendo che il quadro è terribilmente complesso e non è facile districarsi in una situazione in cui si intrecciano questioni di natura storica, geopolitica, militare, di confronto e scontro, non tanto nascosto, tra grandi potenze, di competizione per l’accaparramento delle materie prime a cominciare dai prodotti energetici: petrolio gas e anche carbone. Siamo giunti al 79mo giorno dall’inizio dell’invasione Russa dell’Ucraina, la guerra si sta sempre più incattivendo e internazionalizzando.
Agli aiuti umanitari e poi alimentari verso l’Ucraina, vittima dell’aggressione Russa, hanno fatto seguito gli aiuti militari sottoforma di armi prima difensive e poi offensive, sostenute dagli USA e dai Paesi Europei compreso il nostro.
Voglio ricordare che anche la Camera del Lavoro di Genova ha inviato un tir carico di generi alimentari e medicinali; Spi di Genova e della Liguria hanno partecipato attivamente alla raccolta del materiale.
Tutti corrono a velocità folle e sconsiderata, in quale direzione non si sa.
Però se a parlare sono solo le armi, se si arriva a parlare con grande facilità di un possibile utilizzo anche di quelle nucleari, se si intensifica l’escalation militare, si può prevedere che si potrebbe andare verso una catastrofe generale e mondiale.
C’è in atto una corsa al riarmo. La Germania ha annunciato di voler investire 100 ml in armamenti.
Il Governo Italiano ha deciso di aumentare al 2% del PIL la spesa militare.
Gli USA stanno spendendo 12 ml di dollari per modernizzare le 100 bombe nucleari statunitensi che ci sono in tutta Europa (di cui 35 in Italia) per trasformarle in un modello più avanzato.
Il che vuol dire che non hanno soltanto una funzione deterrente.
Il confine fra la guerra convenzionale e la guerra atomica oggi si è assottigliata perché esistono armi di minore entità e potenza, cosiddette di “teatro” che potrebbero essere impiegate in un conflitto come quello in Ucraina ed eventualmente contro l’Europa occidentale.
La CGIL ha condannato con fermezza l’invasione Russa dell’Ucraina, una brutale invasione in violazione del diritto internazionale, di un Paese sovrano, di uno stato indipendente che, per volontà del suo Popolo, legittimamente guarda all’Europa.
Putin ha scatenato una guerra criminale che non rispetta trattati e convenzioni internazionali.
Quanto di terribile e disumano si sta consumando in Ucraina lo vediamo tutti i giorni; bombardamenti indiscriminati che colpiscono e distruggono intere città, abitazioni civili, ospedali, scuole, si fanno stragi di civili inermi, donne anziane e bambini.
E perdono la vita migliaia di giovani soldati Ucraini e Russi.
Si è impedito l’apertura di corridoi umanitari sicuri costringendo la popolazione ucraina alla fame, al freddo e a lasciare il proprio Paese per diventare profughi.
La CGIL esprime nel contempo grande preoccupazione per la tensione crescente che rischia di minare la stabilità e la pace nel mondo intero.
E purtroppo non ci sono ancora segnali concreti, anche minimi, sul piano diplomatico, per avviare il negoziato per pervenire almeno ad un cessate il fuoco, una tregua temporanea, non si fanno passi avanti.
L’unico risultato drammatico a cui si assiste è il procedere verso la distruzione dell’Ucraina.
E’ giusto non abbandonare il popolo Ucraino ed è positivo che il parlamento europeo abbia riconosciuto lo status di paese per entrare nell’Unione Europea.
Ma l’unico modo per difenderlo non può essere la risposta militare, nel senso dell’invio di armi.
Sono giuste le sanzioni economiche e commerciali che possono contribuire ad indurre Putin a rendersi più disponibile al dialogo.
Sapendo che gli effetti delle sanzioni non saranno immediate e che hanno ed avranno contraccolpi pesanti anche sulle nazioni che li emanano.
E’ chiaro a noi che c’é un aggressore, la Russia, e un aggredito, l’Ucraina.
La nostra solidarietà è tutta per il popolo ucraino, ma ci sembra sbagliato e pericoloso se ad emergere sia una volontà di ritorsione degli USA, della NATO, dei Paesi Europei, dell’Occidente, di “punire” Putin.
Se a prevalere fosse un atteggiamento di rivalsa è chiaro che ci sarebbero sempre mono spazi per la ricerca di un pur labile filo di mediazione e ricomposizione, pur sapendo che non è facile perché dai discorsi che sentiamo pronunciare da Putin è evidente che il capo del Cremlino nasconde ambizioni neo imperiali, che è imbevuto di una ideologia geopolitica del mondo Russo, per cui Russia, di cui Bielorussia, Ucraina devono far parte e che questo dogma non si può mettere in discussione.
Però è necessario fermare questa guerra, più a lungo durerà il conflitto, più devastante sarà il bilancio delle perdite di vite umani, più gravi saranno le ripercussioni economiche/sociali in tutto il mondo.
Si può andare incontro ad una grave crisi energetica e anche alimentare. Senza il grano Ucraino si potranno verificare delle carestie alimentari, soprattutto in molti Paesi dell’Africa e si potranno determinare altri flussi consistenti di immigrazione di persone che fuggiranno dalla fame.
Bisogna avere consapevolezza che questa crisi può scatenare una nuova guerra dentro all’Europa, il Governo Italiano e l’Unione Europea devono rapidamente costruire una propria politica estera autonoma e autorevole per proporsi come possibili mediatori del conflitto per costruire le condizioni per un compromesso accettabile verso una nuova concezione multilaterale di politiche condivise, di sicurezza in Europa.
Ed è necessario interrogarsi su questioni di fondo che non si possono più eludere quali il ruolo della NATO e delle Nazioni Unite.
La guerra in Ucraina, oltre al portato di lutti e distruzioni, costituisce uno shock esogeno, in meno di 2 anni insieme alla pandemia di Covid 19, tra l’altro ancora in corso.
E’ un cambiamento di scenario improvviso in cui il nostro Paese e l’Europa, in controtendenza rispetto a politiche di austerità e di svalutazione competitiva del lavoro, incanalavano gli sforzi di ripresa e di investimenti del PNRR per affrontare la crisi climatica in atto e i processi connessi alla transizione ecologica e all’accelerazione digitale, con l’opportunità, tutta ancora da verificare e conquistare, di ridefinire il modello sociale e di sviluppo, qualificando produzione e occupazione, riducendo diseguaglianze e divari.
L’impatto della guerra, rischia di essere pesantissimo sul piano sociale ed economico per la debolezza del nostro sistema Paese.
Il documento di economia e finanza ha stimato una crescita di oltre 2 punti di percentuale in meno rispetto alle previsioni di ottobre che era del 4,7% per l’anno in corso.
Questo significa che l’Italia non riuscirà a recuperare il crollo di oltre 9 punti registrato nel 2020 a seguito della crisi indotta dalla pandemia.
Davanti a noi si presenta un quadro di grande incertezza.
E’ evidente che siamo in piena economia di guerra; ce lo dicono le preoccupazioni e i comportamenti dei cittadini, si rimandano gli acquisti, si subiscono i rincari dei prodotti di prima necessità, il costo insostenibile delle bollette .
E soprattutto è in forse la tenuta energetica del nostro Paese. Oggi scopriamo il grande errore di aver sacrificato la nostra produzione nazionale di energia affidandoci ad un solo fornitore; la Russia.
Siamo diventati così un Paese compromesso; il Governo ha messo in campo una serie di misure tese a rafforzare l’esigua produzione nazionale di energia e a creare le condizioni per il salto verso le energie rinnovabili.
Ma non ci possiamo illudere, non si possono fare miracoli, per raggiungere la sovranità energetica ci vogliono tempi lunghi e una politica energetica, un progetto industriale serio per affrancarci dalle dipendenze dei Paesi terzi.
In pieno conflitto, data la fortissima incertezza sull’esito e, soprattutto tempi di risoluzione della guerra, risulta difficile fare previsioni economiche.
Ma è chiaro, oramai, che saranno molteplici le ricadute negative sui diversi aspetti della nostra economia, di quella Europea e globale:
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domanda in calo ovvero perdita del potere di acquisto di salari e redditi con conseguente contenimento dei consumi e delle aspettative di investimento
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l’incremento dei prezzi dei beni e servizi fondamentali si riversa sui redditi più bassi e rischia di allargare ulteriormente le diseguaglianze economiche, sociali e territoriali , le fasce di povertà
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i maggiori oneri per le imprese incidono già negativamente su occupazione e investimenti
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gli scambi commerciali diretti e indiretti con i Paesi interessati dal conflitto si sono pressoché bloccati;
senza contare l’impatto su alcune filiere produttive nazionali ed europee della mancata importazione di materie prime per le lavorazioni (nickel, palladio). Basti pensare alla produzione di chip come di autovetture e aeromobili. -
C’è preoccupazione anche per la contrazione di import ed export di grano e fertilizzanti (Russia e Ucraina producono 1/4 di grano mondiale e contano insieme il 30% degli scambi mondiali di fertilizzanti).
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C’è il problema di milioni di rifugiati ucraini in Europa che necessitano di interventi per l’accoglienza e il sostentamento.
In un contesto fortemente dipendente e collegato del quadro geopolitico che si determinerà è necessario ripristinare tutti gli strumenti utili per evitare un vero e proprio shock sociale.
Bisogna puntare decisamente su misure per sostenere occupazione e redditi , rafforzando l’Amministrazione Pubblica e il ruolo economico dello Stato. Occorrono nuove politiche industriali, sociali, fiscali e ambientali per promuovere equità e sviluppo. Il Decreto Aiuti varato qualche giorno fa dal Governo ha messo a disposizione circa 14 mld, attraverso la leva dell’aumento della tassazione degli extra profitti (al 25%) destinandone 6 mld a lavoratori e pensionati .
Positivo è l’aumento del fondo affitti e la conferma di quelli sulle bollette.
Il bonus una tantum di 200 euro da erogare nel mese di luglio sino alla soglia dei 35 mila euro non è sufficiente.
Lo consideriamo un primo passo verso misure che devono garantire maggiore coesione sociale e tutelare salari e pensioni .
Per questo riteniamo necessario un ulteriore scostamento di bilancio .
Sono necessarie risorse significative per mettere in campo misure strutturali idonee a garantire redistribuzione e progressività .
La guerra in Ucraina rende ancora più urgente l’apertura sulla discussione della governance europea. E’ giunta oramai evidente la necessità di una profonda revisione e un sostanziale superamento del fiscal compact .
Bisogna, sulla scia del Nex generation UE, rendere strutturale la possibilità di coniugare politiche monetarie non convenzionali con politiche economiche espansive per affrontare le emergenze e rilanciare la crescita di tutti gli stati Europei.
Pur in un quadro di grande emergenza, come quello che stiamo vivendo a causa del conflitto, non bisogna perdere di vista gli obiettivi di sviluppo e le problematiche sociali. Ed è chiaro che bisogna potenziare e prolungare i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza oltre il 2026 per aumentare ed accelerare gli investimenti per una maggiore autonomia energetica e dei processi di riconversione delle produzioni.
I vari PNRR rischiano di essere depotenziati perché devono contrastare gli effetti dell’aumento delle materie prime ed energie e quindi di pregiudicare l’effettività di alcuni investimenti.
Analogamente a quanto si è fatto nella fase pandemica è necessario mettere in campo strumenti aggiuntivi finanziati con debito comune per sostenere le emergenze sociali e per cogliere gli obiettivi di trasformazione del modello di sviluppo nella direzione della sostenibilità e dell’inclusione.
E a proposito di scenari bisogna considerare con grande attenzione quanto si sta muovendo in materia di commerci, forniture e produzioni a livello globale .
Un effetto collaterale della crisi Ucraina è quello di ridurre gli orizzonti delle imprese globali.
Sono cresciuti i rischi geopolitici e le grandi imprese si stanno concentrando su mercati meno distanti e prevedibili. Si parla di retromarcia o ripensamento della globalizzazione.
Il modello di produzione de localizzato era già in fase di revisione dopo la pandemia ma sta subendo un ripensamento sostanziale in conseguenza della guerra e delle segmentazioni del mercato globale propugnate da Cina e Stati Uniti.
Il conflitto in Ucraina avrà conseguenze durature.
Già oggi un terzo della catena multinazionale in cui operano le imprese europee sono “corte” cioè continentali . L’Italia e l’Europa devono pensare seriamente a quale ruolo devono avere perché si rischia di essere di diventare il classico vaso di coccio tra i grandi blocchi contrapposti.