I coefficienti di trasformazione, che il DL 4/2019 non tocca neppure di striscio.
Cosa sono i coefficienti di trasformazione? Sono quei “numeretti” che trasformano il montante contributivo (cioè la somma di tutti i contributi versati durante la vita lavorativa) in rendita pensionistica.
I coefficienti di trasformazione variano al variare dell’aspettativa di vita e dell’età di pensionamento: più si alza l’aspettativa di vita, più si abbassano i coefficienti di trasformazione, più si abbassa l’ètà di pensionamento, più si abbassano i coefficienti di trasformazione.
Il ragionamento che sta alla base di questo metodo di calcolo è evidente: prendi la pensione per più tempo e quindi noi spalmiamo il tuo “capitale” su più anni, per cui tu prenderai una pensione più bassa.
Ok, sembra ragionevole.
Ma poi, se ci si riflette meglio, si conclude che non è ragionevole per niente.
Infatti l’aspettativa di vita è influenzata da moltissimi fattori e uno dei più rilevanti è il tipo di lavoro che si svolge.
Chi è esposto a lavorazioni tossiche, chi svolge lavori pesanti, usuranti, che prevedono il contatto con sostanze pericolose, ha un’aspettativa di vita più bassa rispetto a chi svolge lavori sedentari.
Chi lavora di notte, chi è sottoposto a stress, chi lavora a contatto con la sofferenza e con la morte ha un aspettativa di vita più bassa rispetto a chi lavora in consizioni più favorevoli.
Per altro è anche più probabile che chi svolge lavori di questo tipo abbia l’esigenza di andare in pensione prima, non per sfizio ma perchè non ce la fa più.
Però, dato che l’aspettativa di vita è uguale per tutti, come tutti sarà penalizzato.
E così si dimostra, ancora una volta, che fare parti uguali tra persone che uguali non sono è la più grande di tutte le ingiustizie.
(Paola Repetto, segreteria Integrata SPI)