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La storia è, più o meno, sempre la stessa: tante promesse e pochissimi fatti. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva annunciato 1 miliardo in più per la non autosufficienza e una sperimentazione con l’aumento del 200% dell’assegno di accompagnamento, “per dare risposte concrete ai bisogni di oltre 14 milioni di anziani non autosufficienti”.

Quel miliardo in più non è arrivato e la prestazione universale che, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbe aggiungersi all’indennità di accompagnamento riguarderà solo circa 29mila anziani e non milioni di persone.

Il governo Meloni rispetta solo formalmente le scadenze, rinvia le misure concrete, non dispone finanziamenti necessari e attesi da milioni di cittadini e cittadine; anche laddove propone contenuti condivisibili, lo fa con lacune e contraddizioni.

È quanto si evince dal decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 26 gennaio che pur essendo riuscito a rispettare la scadenza prevista dalla legge delega 33/2023 (“Deleghe al Governo in materia di politiche a favore delle persone anziane”), in realtà, rimanda tutto o quasi a ben 17 ulteriori norme attuative da adottare nei prossimi mesi.

Vengono rimandate ad altre disposizioni:

– le previsioni sulla prevenzione delle fragilità, la promozione della salute e l’invecchiamento attivo, che restano deboli e prive di una visione di genere;

– la riforma delle Rsa, nonostante il sistema della residenzialità abbia mostrato tutti i suoi limiti più drammatici durante la pandemia;

– le soluzioni più interessanti per le nuove forme abitative degli anziani (non solo cohousing ma anche alloggi individuali assistiti/supportati);

– l’attuazione delle previsioni sull’integrazione tra assistenza sociale e sanitaria territoriale e domiciliare;

– la definizione di uno strumento di valutazione multidimensionale uniforme a livello nazionale per l’accesso alle prestazioni in base al bisogno assistenziale graduato.

Infine non si interviene sul personale impegnato nei servizi e nel lavoro di cura, con l’eccezione degli assistenti familiari e l’unico riferimento indiretto è a un decreto da farsi sui requisiti per l’accreditamento dei servizi pubblici e privati sanitari e socio sanitari.