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Roma, 24 maggio – “Ieri, anniversario della strage di Capaci, abbiamo assistito a una pagina nera della lotta alla mafia. L’elezione alla presidenza della commissione Antimafia di Chiara Colosimo di FdI, di cui è conosciuta la vicinanza a un esponente della destra stragista condannato per l’attentato alla stazione di Bologna, è un’offesa a tutte le vittime delle stragi di mafia e ai loro parenti. I legami tra i movimenti eversivi fascisti e la criminalità organizzata sono agli atti delle indagini della magistratura inquirente. Si tratta di una nomina imposta dalla maggioranza di Governo, nonostante l’opposizione di tutta la società civile”. È quanto si legge in una nota della Cgil nazionale.

 

“La concezione proprietaria delle istituzioni da parte di questo governo – prosegue la Confederazione – è stata dimostrata anche nel corso delle celebrazioni di Capaci. Le forze di polizia hanno bloccato per motivi di ordine pubblico il corteo degli studenti, del movimento delle agende rosse, dei sindacati e delle associazioni che sul territorio ogni giorno si battono per affermare la legalità. Quanto è successo – sostiene la Cgil – non solo ci dice quanto sia profonda l’insofferenza al dissenso democratico, ma anche l’uso improprio che si fa della forza pubblica”.

 

“Le forze dell’ordine – si ricorda nella nota – spesso hanno trovato un prezioso sostegno, anche nelle loro attività investigative, grazie all’impegno della società civile che ha saputo risvegliare le coscienze nella lotta alla mafia. Usare la polizia per impedire la partecipazione di questi movimenti alle celebrazioni ufficiali ci interroga sull’idea di democrazia che esprime questa maggioranza”.

“La Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di Finanza sono istituzioni che agiscono all’interno di una società complessa, sono parte di uno Stato democratico e non possono essere messe in contrasto radicale con chi esercita la democrazia. Le forze dell’ordine non possono e non devono essere lo strumento repressivo a uso di una parte politica”.

 

Per la Cgil, infine, “i processi democratici già avviati che aiutano i lavoratori in divisa a svolgere meglio il loro lavoro devono continuare a marciare nelle forze di polizia e negli ambienti militari. Noi – conclude la nota – sosteniamo questo percorso perché la democrazia è un bene di tutti”.