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Nel tempo del clamore razzista, di chi alimenta l’esclusione dell’altro esasperando divisioni negli strati popolari, appare sempre più necessario opporre e proporre un approfondimento sul tema dell’accoglienza. La Cgil Liguria lo fa attraverso il progetto StreetUnion con corsi di formazione e incontri a carattere seminariale. Senza dover arrivare all’episodio vergogno di Casalbruciato, possiamo ricordare le discriminazioni in salsa ligure ad esempio nel caso della Giunta che, con un atteggiamento punitivo e retroattivo, non riconosce i contributi per il turismo alle strutture che hanno ospitato migranti. E pensare che il mantra dell’invasione è puntualmente smentito dai numeri secondo i quali i migranti in Italia sono in diminuzione. La verità è che è esistito un problema complessivo della politiche dell’accoglienza – dalla programmazione delle risorse alla ripartizione delle competenze – sul quale taluni hanno coltivato il consenso. Non ci si aspettava certo un miglioramento del quadro dal cosiddetto Decreto sicurezza: il taglio delle risorse dedicate all’accoglienza è solo la punta dell’iceberg di un sistema messo sostanzialmente in condizione di non poter funzionare. Oggi l’integrazione viene praticamente azzerata e rischia di essere un profitto per pochi specializzati in grado di resistere all’abbattimento delle tariffe ed al ritardo dei pagamenti; il taglio verticale dell’offerta di corsi di formazione a discapito dell’aspetto qualitativo e della mediazione culturale porterà con sé anche esuberi e licenziamenti di personale nel settore: altro che prima gli italiani. Proprio a seguito del Decreto sicurezza, infatti, alcune primarie realtà del nostro territorio hanno rinunziato alla manifestazione di interesse per alcuni bandi emanati dalle Prefetture, creando non poca apprensione tra gli addetti ai lavori. Insomma, i migranti non rubano il lavoro a nessuno: oltre ad essere segregati in ambiti ben definiti del mercato, si offrono per tipologie di lavorazioni che spesso non sono considerate appetibili. E’ anzi vero il contrario: la presenza di persone deboli consente a qualche datore di lavoro senza troppi scrupoli di sfruttare questa fragilità tramite il caporalato. In termini economici i migranti complessivamente in Italia versano all’erario più di quanto ricevono e altri paesi, più lungimiranti del nostro, hanno intuito l’opportunità dell’accoglienza, iniziando a programmare politiche attive per certificarne le competenze formative. D’altronde, l’Europa, sempre più anziana e dal tasso di natalità negativo, avrà bisogno di forza lavoro nell’immediatezza se vorrà mantenere inalterati stili di vita e consumi. Il fomentatore di odio razziale non si scaglia contro l’evasore fiscale, contro il caporale o contro chi taglia le politiche sociali, ma contro gli ultimi, urla che il migrante lo ha scavalcato in graduatoria per la casa o l’asilo nido, senza chiedersi molto più semplicemente perché non ci siano più case o più asili.

Fabio Marante è Segretario Cgil Liguria