Traccia intervento Igor Magni Segretario Generale Camera del Lavoro Metropolitana di Genova
Buongiorno a tutte e tutti, un saluto e un ringraziamento a tutti voi presenti, al Vice Presidente del Consiglio Regionale Armando Sanna che ha accettato il nostro invito ad essere qui e al compagno e amico Massimo Bisca Presidente provinciale dell’ANPI.
Come ogni anno ci ritroviamo davanti a questo monumento voluto dai compagni di lavoro di Rossa a pochi anni dalla sua scomparsa avvenuta il 24 gennaio 1979.
Oggi siamo qui per un momento di riflessione e di memoria di un pezzo della nostra storia recente che ha segnato profondamente il nostro paese e che vogliamo continuare a trasmettere alle nuove generazioni.
Essere qui oggi e parlare di Guido Rossa serve a capire da dove veniamo, qual è stato il nostro cammino e speriamo anche per evitare che alcune pagine drammatiche del nostro passato possano ripetersi ricordando anche a noi stessi come importanti e fondamentali momenti della nostra storia siano stati determinati da persone normali, donne e uomini che hanno fatto la cosa giusta quando è stato necessario compiere una scelta.
Guido Rossa è stato questo, non un eroe, ma una persona che ha deciso, seguendo i propri ideali e i propri convincimenti: “quando le cose si devono fare, si fanno”.
Gli anni di quei fatti erano i 70 del 900, che molto spesso vengono ricordati solo come gli anni di piombo e non per le grandi lotte e rivendicazioni durante i quali l’Italia cercava di diventare un paese moderno.
Furono anni di conquiste: la promulgazione dello statuto dei lavoratori; la legge sul divorzio; la legge sull’aborto.
Ma certamente furono anche anni di grandi tensioni, di scontri, anni di grandi fermenti segnati da tragiche stragi mai chiarite, dal terrorismo nero e da quello rosso.
Insomma anni violenti, anni che videro un attacco a tutto il corpo delle istituzioni e alla democrazia che faceva leva su contraddizioni e ingiustizie dentro una società che, democraticamente, stava cercando di cambiare.
Guido Rossa allora era un operaio, un iscritto al Partito Comunista Italiano, la sua è una storia di militante politico e sindacale che si inserisce appieno nella tradizione di lotta genovese rivolta alle conquiste sociali, civili e del lavoro con la sua normalità di uomo, con la sua passione politica.
Le Br si erano prefissate l’obiettivo di penetrare nel mondo del lavoro sapendo che una parte dei lavoratori era tiepida nei loro confronti e non prese subito una posizione netta di condanna, ma che dopo i primi agguati e soprattutto dopo la sua morte aprì definitivamente gli occhi.
Per le Brigate Rosse invece la sola strada possibile da percorrere era lo smantellamento dello stato e per farlo colpivano tutti quelli che ne rappresentavano i poteri: giudici, politici, forze dell’ordine, dirigenti aziendali e giornalisti. Sino ad arrivare ad uccidere un operaio, un sindacalista perché aveva deciso di fare fino in fondo il proprio dovere.
Aveva deciso di non girare la testa ne di abbassarla. Aveva deciso di denunciare un terrorista che si nascondeva tra i suoi compagni di lavoro un brigatista che con altri metteva in discussione le conquiste fatte e i principi democratici per cui si batteva.
Fu un atto di coraggio quello di Guido Rossa e di coerenza: Guido volle far seguire alle parole i fatti, con un gesto che altri non si sentirono di compiere.
Per lui seguirono giorni tormentati: messaggi, telefonate anonime, minacce. Il pericolo forse fu anche sottovalutato e il 24 gennaio del 1979, un atto di spietata e spregevole disumanità pose fine alla sua vita.
Quando venne assassinato io vissi quei fatti da bambino, da corniglianese e da figlio di un metalmeccanico di quella grande fabbrica che tra i fumi e altri problemi dava lavoro anche a mio padre. Di quei giorni ricordo la paura, la preoccupazione sul volto dei miei genitori, la radio sempre accesa per sentire le ultime notizie, insomma la continua tensione.
“Guido era uno di noi” diceva in casa mio padre.
Cosa resta di Guido Rossa? Tanto, tutto.
Sono passati 44 anni dalla sua morte e noi oggi lo ricordiamo con tenero affetto ed immutata stima e gratitudine per l’esempio che ha saputo essere.
I suoi valori sono i nostri valori, i valori del sindacato che rappresento: senso di responsabilità, solidarietà, rispetto verso le istituzioni.
Questo non significa essere arrendevoli o piegarsi davanti ai problemi. Al contrario: combattere con lealtà e con strumenti democratici ogni genere di sopruso è e deve essere il nostro lavoro quotidiano.
Il dramma della Guerra non solo Ucraina, la crisi economica, come negli anni che raccontavo in precedenza, la complicità anche di una classe politica non illuminata, che non guarda quanto dovrebbe agli ultimi della nostra società, ai migranti in cerca di speranza, ai disoccupati, a chi oggi pur lavorando è troppo spesso vicino alle soglie di povertà, ha spinto oggi lavoratrici e lavoratori sempre più precari, atipici, insicuri a chiudersi sempre più in se stessi e a lasciare che alcune cose succedano senza occuparsene troppo. E così sono aumentate le divisioni, spesso volute, tra nord e sud, tra uomini e donne, giovani e anziani, italiani e immigrati che lasciati al loro destino muoiono a centinaia in mare e in quelli che qualcuno chiama centri accoglienza ad esempio in Libia dove vengono trattenuti e torturati.
Non è certo questa la lezione di Guido Rossa, non è certo questo il messaggio del suo sacrificio. Rossa avrebbe continuato a combattere contro le ingiustizie e contro una società che si dice civile ma che appunto, ancora oggi, nel 2023, non pensa agli ultimi.
Ecco perché l’esempio di Rossa è più che mai attuale: combattere il virus delle disuguaglianze nel nostro paese e nel mondo, dove in troppi non hanno neanche la speranza di migliorare la propria condizione sociale e che non possiamo far finta di ignorare o dimenticare come in molti vorrebbero.
Anteporre gli interessi della collettività a quelli personali, indignarsi per i diritti persi, lottare tutti insieme contro le ingiustizie.
Ecco… il nostro dovere quindi oggi è quello di ricordarlo prima di tutto come uomo, che in quel lontano 1979 per fare il suo dovere lasciò una giovane moglie e una giovane figlia e poi come modello da seguire.
Rossa per difendere quello in cui credeva ha sacrificato la vita.
A noi viene chiesto molto meno. Lavorare per unire i lavoratori dove li vogliono dividere, lavorare per combattere il virus dell’individualismo e della povertà, lavorare contro il razzismo e le diversità di genere, lavorare insieme per i diritti, per il lavoro e la sua dignità, lavorare per l’accoglienza, l’integrazione, per la difesa della democrazia, la completa attuazione della nostra costituzione e per questo lavorare per la pace. Sperando che il nostro Paese e l’Europa possano trovare nel cercare una soluzione a questi bisogni un vero protagonismo che purtroppo oggi non vediamo.
Serve lavorare per gli ultimi, perché staremo tutti bene solo se non lasceremo nessuno indietro… questo sarà il modo migliore per ricordare Guido Rossa.
Genova, 24 gennaio 2023.
BOZZA NON CORRETTA