Sono mesi che si parla del Recovery Fund ma il governo non ha mai avviato il confronto con le parti sociali e l’Italia rischia di arrivare tardi all’appuntamento con l’Europa. Anche a livello ligure le cose non vanno meglio dato che la Regione ha deciso di interloquire solo con i comuni in una vecchia logica degli interventi a pioggia. La Cgil è fortemente preoccupata perché il Piano deliberato dalla giunta lo scorso 13 novembre si presta a diverse obiezioni. La prima è quantitativa: risulta difficile credere che dei 209 miliardi complessivi a livello nazionale, alla Liguria possano arrivare ben 22,4 miliardi previsti dal piano regionale. Anche la ripartizione degli interventi appare sproporzionata perché tra i criteri per l’assegnazione delle risorse l’Europa indica che circa il sessanta per cento debba essere indirizzato verso i progetti dedicati alla digitalizzazione e alla transizione ecologica. Nel recovery fund in salsa ligure la Regione destina a questi due capitoli solo 3 miliardi, mentre il resto andrebbe in infrastrutture, quindi strade, ponti ed interventi dei quali la Liguria ha certamente bisogno, ma che secondo le regole europee non potranno arrivare con questa entità. L’altro fronte è quello dedicato al settore sanitario dove, a livello nazionale si arriva a 9 miliardi di euro da investire in innovazione e assistenza territoriale e che invece in Liguria si traducono nella costruzione di ospedali. Insomma un gran pastrocchio nel quale la Regione mischia capitoli di spesa e destinazioni d’uso delle risorse. Di fronte a questo stato di cose la nostra preoccupazione è che questa confusione rischia di destinare alla Liguria meno risorse di quelle che potrebbero arrivare, facendoci sprecare un’occasione unica e questo, certamente, non ce lo possiamo permettere. Che la Regione stia facendo campagna promozionale anche con i Fondi del recovery fund è piuttosto evidente anche nella poca cura della bozza del progetto nel quale sono presenti opere già finanziate come l’ospedale nuovo di Ponente o la gronda di levante. In altre parole il Piano va completamente riscritto e per farlo serve un confronto ampio che coinvolga tutte le parti sociali con l’obiettivo di cambiare il modello di sviluppo e di welfare individuando le priorità di intervento. Quindi non solo infrastrutture per togliere la regione dall’isolamento, ma lotta al dissesto idrogeologico perché nessuno investe dove ti frana il terreno sotto i piedi.
Bisogna programmare cosa vuol dire transizione ecologica in una regione che esportava più del 50 per cento dell’energia prodotta da combustibili fossili e che detiene uno dei patrimoni edilizi tra i più vecchi e scarsamente efficiente dal punto di vista energetico. Bisogna immaginare un diverso modello di sviluppo dove ripensare il sistema di welfare per trattenere i giovani che studiano e incrementare il tasso di occupazione femminile senza trascurare la cura dei nostri anziani. Queste sono le materie sulle quali la Regione dovrebbe impegnarsi di più, magari facendo i compiti durante le vacanze di Natale.
Federico Vesigna Segretario Generale Cgil Liguria