Nelle Rsa della Liguria, tra ritardi ed errori di gestione
Anche la Liguria, regione con i capelli bianchi per eccellenza, il Covid 19 ha colpito duramente. E lo ha fatto in un momento molto particolare nelle politiche regionali della sanità. Il tentativo della giunta guidata da Giovanni Toti – per ora fortunatamente congelato – era quello di avviare una transizione dalla gestione pubblica della sanità ad un modello più simile a quello lombardo con una spiccata preminenza del privato. L’epidemia è arrivata però come una bomba. Nella fase di emergenza legata alla diffusione del virus il tasso di mortalità ha superato il 14,22 percento dei positivi. La Liguria si è guadagnata così il secondo posto nelle classifiche nazionali subito dopo la Lombardia. Ma il primato ligure non riguarda solo il numero dei contagi e la percentuale di anziani sul totale della popolazione. Un altro brutto primato riguarda la collocazione fisica delle morti da coronavirus. Un terzo dei decessi (in tutto sono stati quasi mille) sono infatti avvenuti nelle strutture residenziali extra ospedaliere, Residenze assistite, Case di riposo e simili. Più di trecento morti.
“Da noi in Liguria – ci racconta Fulvia Veirana, della segreteria regionale della Cgil – non abbiamo avuto notizia di veri e propri reati commessi dai responsabili delle strutture sanitarie, ma a quanto pare di errori di gestione ne sono stati commessi tanti e i limiti dell’applicazione delle norme di sicurezza sono stati evidenti, a partire dalla dotazione delle mascherine e degli altri strumenti protettivi per gli operatori”. Fino alla metà di aprile, ci spiega la dirigente sindacale, gli ospiti delle strutture Rp ed Rsa con sintomi non venivano presi in carico dagli ospedali, ma lasciati nelle strutture. Spesso, talvolta anche per limiti logistici, erano ricoverati in spazi promiscui con altri degenti. Il numero dei tamponi effettuati è esiguo se proporzionato all’evidenza della diffusione dell’infezione. La Regione non è in grado di erogare più di mille test molecolari al giorno.
Anche per quanto riguarda i lavoratori e gli operatori la situazione è critica. “Fino a Pasqua – dice ancora Veirana – nessun lavoratore era stato sottoposto ad indagini virologiche, rischiando, soprattutto se asintomatico, di diventare inconsapevole strumento di diffusione del virus. Il numero dei tamponi effettuati è esiguo se proporzionato all’evidenza della diffusione dell’infezione in Liguria. E anche in questo caso la Regione non è stata in grado di erogare più di mille test molecolari al giorno. Solo la settimana scorsa (dopo il 13 aprile) è partito uno screening a tappeto dei lavoratori della sanità pubblica e privata e nel socio assistenziale attraverso i test sierologici per meglio indirizzare l’esecuzione dei tamponi ed iniziare ad approntare forme di isolamento dei sospetti infettati”.
“I dati sulle case di riposo e le Rsa – conferma Carla Mastrantonio, segretaria regionale dello Spi – sono molto preoccupanti perché sono sicuramente legati ai tanti ritardi nella gestione della sanità: i primi provvedimenti sulle Rsa sono stati presi solo a metà marzo, mentre solo alla fine di marzo è stato designato un responsabile regionale per gli anziani”. I dati molto alti sulle morti nelle strutture sanitarie è stato confermato direttamente dai responsabili della Regione Liguria che lunedì 20 aprile hanno avuto una videoconferenza con i sindacati. “Anche la Regione ci conferma tutti i nostri ripetuti allarmi – commenta Carla Mastrantonio – abbiamo la conferma che nel 40 percento delle residenze per anziani esiste una situazione di criticità. Ci sono poi dieci casi di vera e propria emergenza dove il contagio è generalizzato e dove si rende necessario un trasferimento degli anziani che si sono ammalati”. In alcune città l’allarme è più alto che altrove e i casi che sembrano più drammatici sono quelli di Savona, Imperia e dell’ospedale San Camillo di Genova. In Liguria, ci confermano i rappresentanti sindacali, non ci sono stati casi di vero e propria violazione delle leggi come è successo in Lombardia. Lo Spi è pronto però, come è stato annunciato a livello nazionale dal segretario generale Ivan Pedretti, a costituirsi parte civile in caso di inchieste e processi. Tutto questo poi sta succedendo in una Regione la cui sanità pubblica era stata già molto svilita e impoverita di strutture e personale. In vista, appunto, dell’avvento del nuovo modello privato. Ma per ora il sogno di Toti di emulare Fontana è stato interrotto.
articolo di Paolo Andruccioli uscito oggi su Rassegna.it
(foto di Marco Merlini)