Le 11.36 del 14 agosto segnano una data incancellabile nella memoria della nostra città. Lo sarà prima di tutto per i familiari, i conoscenti delle 43 persone morte, nessuna delle quali era in una condizione di rischio più di quanto avrebbe potuto esservi ognuno di noi. Non è corretto fare distinzioni ma devo ricordare che tra le vittime c’erano un nostro delegato e altri tre iscritti. Anche per questo, ma non solo, la Camera del Lavoro di Genova si è costituita parte civile. Scontato dire che non lo abbiamo fatto certo per lucro o per speculare, e questi denari, semmai arriveranno, saranno devoluti in beneficienza. Niente comunque sarà più come prima. Il crollo di un ponte non è paragonabile ad un’alluvione, evento purtroppo ben conosciuto nel nostro territorio. Non c’entra nulla l’assetto idrogeologico della città come qualcuno ha detto.
Prima di fare alcune brevi considerazioni su una serie di questioni che crollo il del ponte ha portato con sé e all’interno della nostra organizzazione, permettetemi di sottolineare la dignità e la compostezza nella reazione dei genovesi. Il sentimento dominante dopo l’incredulità e il dolore, è stato quello di sentirsi feriti, come se ci avessero strappato qualcosa. Abbiamo realizzato da subito che la nostra vita e le nostre abitudini sarebbero cambiate. Sarebbe ipocrita dire che a Genova, prima del 14, si viveva bene. Era comunque una città al collasso dal punto di vista della mobilità, ora si impone una svolta. Ci sono emergenze da affrontare come quella degli sfollati dove però si deve registrare la positiva reazione delle istituzioni. Ci sono temi che citerò solo per titoli che riguardano direttamente noi, il nostro essere sindacato confederale e che ritroviamo nei nostri documenti congressuali e del Piano del Lavoro. Ci sono i temi del lavoro, non solo Ansaldo e Porto. Ci sono altre ¾ mila lavoratori direttamente o indirettamente coinvolti che vedono limitata o impedita la loro attività. C’è bisogno di misure eccezionali di sostengo al reddito perché ammortizzatori sociali non ce ne sono più. C’è il tema del lavoro pubblico, di come è stato trattato in questi anni; giusto è esaltare quello dei vigili del fuoco o il lavoro di altri dipendenti pubblici. Però non può essere una tragedia a ricordare come queste figure mancano a centinaia: vigili del fuoco, polizia municipale, infermieri, medici, personale degli enti locali e della giustizia.
Queste assunzioni devono essere immediatamente autorizzate. C’è il tema della mobilità delle infrastrutture. Dei collegamenti con il porto che da lavoro a 60 mila persone. Il crollo del ponte e le ferrovie bloccate equivalgono a mille tir in più sul resto della viabilità cittadina. Il ponte non è solo una questione genovese perché era un collegamento con Lombardia Piemonte Toscana Francia.
C’è il tema degli appalti che esploderanno nella ricostruzione. Si sta già invocando l’accantonamento del codice, giustificando l’emergenza. L’emergenza c’è, c’è stata ma non si vive in continua emergenza. Un conto è velocizzare la fase di affidamento per la ricostruzione, un conto è rispettare legalità, contratti, normative, sicurezza. Deroghe su questi punti non siamo disponibili a concederne. Qui si inserisce il tema della qualità del lavoro. C’è il tema delle privatizzazioni, delle concessioni in uso; in questo caso utilizzate come propaganda di questa continua campagna elettorale – da quanti anni lo proponiamo? Come sono avvenute, dove finiscono gli utili, che servizio viene fornito ai cittadini, come stanno i lavoratori dentro queste società. Siamo per avviare una discussione vera, non condizionata dall’emozione della tragedia, non strumentalizzata per fini partitici. E poi c’è il tema di come si vive nelle città’- la zona tuttora isolata conta circa 140.00 persone. Emerge come siano stati mal concepiti servizi, sanità, scuole, strade, in una città che non ha periferie ma è policentrica. La tragedia deve essere l’occasione per un ripensamento della vivibilità. Nel dire che avviamo verificato un diverso atteggiamento tra istituzioni locali, pragmatico ed efficiente, rispetto ad un governo inutilmente strumentale, chiudo dicendo che da subito la segreteria nazionale ha fornito non solo una generica solidarietà, ma ha condiviso il valore di questi temi che, come detto, attraversano il nostro dibattito congressuale e che vogliono vedere la Camera del lavoro metropolitana di Genova con tutte le categorie, che hanno esplicitamente richiesto una regia confederale, quale soggetto contrattuale prioritario per gestire questa fase. La Cgil di Genova ha 112.000 iscritti su 550.000 abitanti. Possiamo pretendere di essere, assieme a Cisl e Uil, un interlocutore di peso; non servono prese di posizione singole, serve un coordinamento che solo la confederazione può garantire. Ci riempiamo la bocca sul valore della confederalità, abbiamo ora la possibilità di agirla in un momento difficile ed inusuale. Ripeto: questo è quello che tutte le categorie di Genova hanno chiesto. Insieme alla Segreteria nazionale, il 25 settembre faremo a Genova, nel quartiere colpito dal crollo, un’iniziativa pubblica, dialogando con interlocutori importanti per confrontarci su nostre idee, non sarà una passerella, non ci sostituiremo a chi deve progettare.
Lasciamo ad una brutta politica corporativistica la voglia di protagonismo.
Dobbiamo denunciare ciò, non omologarci a certi comportamenti. L’emozione deve finire e servono risposte serie concrete, misure legislative di sostegno. Vedete, il genovese è scontroso, non ama essere al centro dell’attenzione, se si sente strumentalizzato reagisce disconoscendo gli interlocutori, siamo orgogliosamente fatti male, ma concreti e seri. Di questo abbiamo bisogno, anche nei nostri comportamenti, nelle dichiarazioni – concretezza e serietà -, lo dobbiamo a chi sta soffrendo per la casa, per il lavoro, per i disagi, lo dobbiamo alle 43 persone che hanno perso la vita. Domani sarà un mese e a Genova si terrà una grande manifestazione di piazza per ricordare, per continuare a vivere.
Ivano Bosco
Segretario Generale
Camera del Lavoro di Genova