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Cara Repubblica,

domenica sarà il Primo Maggio Festa delle lavoratrici e dei lavoratori.

Il Primo Maggio nasce come momento di lotta di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né sociali, per affermare diritti e migliorare la propria condizione di vita e viene celebrato in molti paesi del mondo. ”Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire“ fu la parola d’ordine quando la giornata fu scelta; il lavoro e i diritti quindi ma anche il tempo libero, il tempo di vita attraverso lo svago. E dopo due anni di pandemia finalmente si può tornare a stare insieme per discutere, confrontarsi ma anche per passare insieme un po’ di tempo libero. Quest’anno, per celebrare il Primo Maggio, abbiamo scelto la delegazione di Pontedecimo. Grazie alla collaborazione della Società di Mutuo Soccorso La Fratellanza abbiamo organizzato per domenica a partire dalle ore 17 un pomeriggio di parole, musica e ristoro e animazione per i più piccoli.

Diritto al lavoro, giustizia sociale e pace sono i temi che quest’anno accompagneranno la giornata del Primo Maggio; non a caso lo slogan unitario scelto per la manifestazione nazionale di Assisi – che sarà trasmessa in diretta dai social Cgil – è proprio “al lavoro per la pace”.

La guerra colpisce la popolazione inerme, causa morti e distruzioni e le sue conseguenze nefaste si ripercuotono sull’economia di quel paese e dell’intera Europa.

Lottare per la pace significa salvare vite, ma anche sostenere un nuovo modello di sviluppo che coniughi la sostenibilità ambientale e sociale con la pace e il disarmo. Dal dopoguerra ad oggi tutti gli sforzi sono andati nella direzione di creare una Unione Europea che potesse condividere non solo le questioni economiche ma anche le politiche del lavoro, dei diritti. Oggi occorre tornare a quello spirito e agli sforzi diplomatici per far cessare il conflitto.

E poi ci sono i temi propri del Primo Maggio: il lavoro, la precarietà, il tema salariale, quello dell’orario di lavoro con la sua riduzione a parità di salario per cercare di governare l’impatto della tecnologia sui processi produttivi, la riduzione dei contratti collettivi nazionali, il tema della rappresentanza. Sono più di 900 i contratti nazionali di lavoro e di questi circa 500 sono sottoscritti dalle organizzazioni sindacali confederali; di molti altri non si conosce la natura: spesso sono contratti di comodo, siglati da organizzazioni con una rappresentanza quasi nulla, ma attraverso i quali il datore di lavoro può scegliere il contratto per lui maggiormente vantaggioso, tendenzialmente a scapito dei diritti. Da anni la Cgil chiede una legge sulla rappresentanza che certifichi il numero degli iscritti, e non lo chiede solo per sé ma anche per le associazioni datoriali perché solo così i contratti potranno diventare erga omnes a tutti gli effetti.

Lavoro e diritti quindi è quanto chiediamo anche per la nostra città. Da ben prima di crisi e pandemia Genova viveva il problema della scarsità di posti di lavoro e uno sbilanciamento dell’occupazione in settori come i servizi e il turismo dove, specialmente per quest’ultimo, il tema occupazionale è fortemente legato alla stagionalità e dove tante strutture ricettive chiudono già alla fine di settembre e chi vi è impiegato si sostiene di sussidi.

Partendo anche da questo esempio si comprende perché l’opportunità delle risorse inserite nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non va sprecata. Si tratta di 6 miliardi di euro, più 2 possibili, da investire in infrastrutture, trasporti, rigenerazione urbana, sanità e sociale. Il sindacato ha chiesto di partecipare a questa discussione e lo farà grazie all’accordo siglato nelle scorse settimane con il Comune di Genova e sarà fondamentale la sottoscrizione di apposito protocollo su legalità e sicurezza che ricalcherà quello messo in piedi per Ponte San Giorgio. In questi giorni abbiamo avuto controprova della necessità di trasparenza su certi temi  con quanto è successo per l’appalto dello scolmatore del Bisagno dove purtroppo si è manifestato il tema delle infiltrazioni malavitose con conseguenze su lavoratori e collettività. Quel protocollo è fondamentale perché a seguito del Pnrr ci sarà un proliferare di appalti in città che sarà difficile controllare capillarmente. Da qui l’importanza del protocollo che, questo sì, potrebbe esser un “modello Genova” su sicurezza del lavoro e legalità che non sono gli unici temi da considerare. L’altra incognita rispetto al Pnrr è legata ai nuovi scenari della crisi e su quanto questa impatterà sulla partita economica: le risorse previste dal Pnrr alla luce dei costi delle materie prime e dell’energia, saranno sufficienti? E ancora: su alcune delle opere che hanno un impatto più sociale, come ad esempio gli asili nido o la sanità ci saranno nuove assunzioni? In questo caso il Pnrr non c’entra perché le risorse sono di natura nazionale o regionale. Entreranno in ballo queste risorse o si rischia che queste strutture restino vuote o, come nel caso della sanità, si vada verso una nuova ondata di privatizzazione? Da queste considerazioni credo si debba partire per comprendere davvero il significato del Primo Maggio e del lavoro.  E’ attraverso il lavoro che l’individuo crea la propria identità, si sostiene, sostiene la propria famiglia e contribuisce allo sviluppo della società in cui vive; mai come in questo momento di crisi che investe l’economia mondiale c’è la necessità di rimettere al centro dell’agenda politica del Paese il valore del lavoro.

Igor Magni è Segretario Generale Camera del Lavoro Metropolitana di Genova