Riders: no al contratto pirata
Era fine giugno quando una associazione di riders nata in seno a Glovo siglava una strana alleanza con un sindacato di comodo. A distanza di pochi giorni l’Amministratore delegato di Glovo, azienda facente parte di Assodelivery insieme a Deliveroo, Just Eat e UberEats, dichiarava che si era pronti a firmare un contratto nazionale. Uno strano tempismo da parte di chi per anni, e non solo in Italia, rifiutava qualsiasi dialogo con le parti sociali. In barba alla legge 128/2019 (cosiddetta legge sui riders) e al confronto tra le parti che finalmente si era aperto al Ministero del Lavoro, mercoledì scorso viene firmato quello che viene considerato il primo contratto nazionale di lavoro sulla gig economy in Europa.
Un contratto che da una parte sancisce e riporta come vittorie alcuni risultati strappati con gli artigli dai sindacati di riders tenuti fuori da questo accordo come obbligo di formazione, copertura Inail e dispositivi di protezione individuale (per la somministrazione di questi ultimi la CGIL era dovuta ricorrere al tribunale), dall’altra riesce nell’ardua impresa di diminuire il salario a cottimo di questi lavoratori: l’indennità oraria di 10 euro lordi, venduta e riproposta così da molte testate giornalistiche nazionali, infatti, deve venire ricalcolata in maniera proporzionale in base al tempo di consegna stimato dalla piattaforma stessa. Non viene persino prevista l’indennità corrisposta in mancanza di chiamate da parte dell’App. In aggiunta, dulcis in fundo, un sistema definito premiante di indennità economiche aggiuntive dopo aver effettuato 2000 (duemila consegne) nell’anno solare che invoglia il lavoratore a velocizzare i propri movimenti a discapito della sicurezza propria e altrui.
L’elemento più sconcertante è che, nonostante le sentenze di vari tribunali che andavano nella direzione opposta, questi lavoratori rimangono autonomi. Citando testualmente l’accordo firmato vengono preclusi “la maturazione di compensi straordinari, mensilità aggiuntive (si legga tredicesima e quattordicesima), ferie, indennità di fine rapporto o altri istituti..” Un’autonomia del rapporto di lavoro che rende il rider privo di qualsivoglia diritto e che teoricamente dovrebbe permettere che la sua paga debba essere decisa dalle parti, non esistendo contraente debole e contraente forte. In una logica per cui lavoratori e aziende hanno lo stesso potere contrattuale.
Senza dubbio giudichiamo positiva la rapida bocciatura di questo accordo da parte del Ministero del Lavoro. Tuttavia non basta: ieri abbiamo organizzato un volantinaggio in piazza Caricamento per rispondere con forza a questa arroganza dei padroni delle piattaforme sostenendo che non è lecito scegliersi un interlocutore di comodo per firmare un accordo che rischia di pregiudicare un percorso che molto difficilmente sta cercando di portare maggiori garanzie e diritti a questi lavoratori.
Alcune delle proposte Cgil sono già contenute all’ interno della Carta dei diritti universali del lavoro. Una proposta di legge di iniziativa popolare per la quale la Cgil ha raccolto più’ di un milione e duecentomila firme ma ad oggi è ancora ferma in Parlamento.La Carta prevede l’estensione dei diritti del lavoro a tutti i lavoratori e lavoratrici a prescindere dal lavoro svolto e dal contratto applicato.
Alfredo Pongiglione
funzionario Camera del Lavoro di Genova